Cyberbullismo a scuola
Cos’è?
Il cyberbullismo è una forma di prepotenza virtuale attuata attraverso l’uso di internet e delle tecnologie digitali. Come il bullismo tradizionale è una forma di prevaricazione e di oppressione reiterata nel tempo, perpetrata da una persona o da un gruppo di persone più potenti nei confronti di un’altra percepita come più debole, in genere nel gruppo dei pari.
Il Parlamento italiano ha approvato il 18 maggio 2017 La legge 71/2017, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, una legge a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo, che prevede misure prevalentemente a carattere educativo/rieducativo. La legge pone al centro il ruolo dell’istituzione scolastica nella prevenzione e nella gestione del fenomeno e ogni istituto scolastico dovrà provvedere ad individuare fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo. Questi aspetti vengono chiariti nel dettaglio dalle Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, previste dalla legge.
La L.71/17 introduce per la prima per la prima volta nell’ordinamento giuridico anche una definizione: “Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.” (Art. 1- Comma 2).
Come riconoscerlo?
Nella vita di bambini e adolescenti differenziare la vita reale da quella virtuale ha sempre meno senso. Le tecnologie digitali permeano la vita dei ragazzi, i quali sempre più spesso sono connessi sia di giorno che di notte tramite smartphone e tablet. Anche la differenziazione tra bullismo e cyberbullismo (la sua componente online) ha senso solo in termini definitori. Per questo motivo questa sezione, pur trattando nello specifico la componente online del bullismo, fa riferimento al fenomeno nella sua interezza, perché solo uno sguardo ad ampio respiro su ciò che i ragazzi vivono e affrontano all’interno delle dinamiche tra pari può permettere agli adulti di essere per loro un valido supporto nella gestione e nel superamento di episodi di sopraffazione e violenza in tutte le forme in cui si possono esercitare, subire o osservare.
Bullismo e Cyberbullismo – differenze
Si definiscono bullismo tutte quelle situazioni caratterizzate da volontarie e ripetute aggressioni mirate a insultare, minacciare, diffamare e/o ferire una persona (o a volte un piccolo gruppo). Non si fa quindi riferimento ad un singolo atto, ma a una serie di comportamenti portati avanti ripetutamente nel tempo, all’interno di un gruppo, da parte di qualcuno che compie azioni o dice cose per avere potere su un’altra persona. Queste aggressioni spesso avvengono o iniziano negli ambienti di aggregazione dei ragazzi: da quello scolastico, a quello sportivo, a tutti gli altri ambienti in cui si ritrovano. Se si limitano alla quotidianità e alla vita offline dei ragazzi sono forme di bullismo.
Se però queste prevaricazioni si estendono anche alla vita online, si parla di cyberbullismo. Si realizza attraverso l’invio di messaggi verbali, foto e/o video tramite smartphones, pc, tablet (su social network, app, chat, …) ed ha come effetto quello di insultare, offendere, minacciare, diffamare e/o ferire.
Caratteristiche del cyberbullismo
- L’impatto: la diffusione di materiale tramite internet è incontrollabile e non è possibile prevederne i limiti (anche se la situazione migliora, video e immagini potrebbero restare online).
- La possibile anonimità: chi offende online potrebbe tentare di rimanere nascosto dietro un nickname e cercare di non essere identificabile.
- L’assenza di confini spaziali: il cyberbullismo può avvenire ovunque, invadendo anche gli spazi personali e privando l’individuo dei suoi spazi-rifugio (la vittima può essere raggiungibile anche a casa).
- L’assenza di limiti temporali: il cyberbullismo può avvenire a ogni ora del giorno e della notte.
- L’assenza di empatia: non vedendo le reazioni della sua vittima alle sue aggressioni, il cyberbullo non è mai totalmente consapevole delle conseguenze delle proprie azioni e questo ostacola ancor di più la possibilità per lui di provare empatia – o rimorso a posteriori -, per ciò che ha fatto, se non viene aiutato ad esserne consapevole da un amico, da un insegnante o da altri.
Un meccanismo che la letteratura evidenzia è il ricorso da parte degli autori (ma anche degli spettatori) di bullismo e cyberbullismo ad un meccanismo psicologico, una ristrutturazione cognitiva, denominato disimpegno morale, tramite i quali l’individuo si autogiustifica, disattiva parzialmente o totalmente il controllo morale mettendosi al riparo da sentimenti di svalutazione, senso di colpa e vergogna (Bandura, 1996). E’ evidente che tale meccanismo sia possibile con ancora più evidenza se ci si trova ad agire online ed è strettamente collegato all’assenza di empatia (o alla difficoltà di provare empatia), alla difficoltà à di entrare in relazione con l’emotività propria e altrui, una relazione che “la presenza fisica rende invece più facile da realizzarsi. Questo meccanismo non riguarda appunto solo l’autore si un atto di cyberbullismo, ma anche il gruppo che vi assististe (o che vi partecipa, l’effetto è lo stesso). Questo aspetto fornisce spunti per un lavoro educativo che miri invece a rafforzare la consapevolezza, l’assunzione di responsabilità, l’impegno o morale (vs disimpegno) appunto, perché il gruppo può avere un ruolo invece estremante positivo.
Tutti quelli che partecipano anche solo con un like o un commento diventano, di fatto, corresponsabili delle azioni del cyberbullo facendo accrescere la portata dell’azione; mettere un “like” su un social network, commentare o condividere una foto o un video che prende di mira qualcuno o semplicemente tacere pur sapendo, mette ragazzi e ragazze nella condizione di avere una responsabilità.
Ma d’altro canto sono proprio loro che possono “fare la differenza” perché la responsabilità è condivisa: il gruppo “silente” che partecipa senza assumersi la responsabilità, rappresenta, in realtà, anche l’elemento che può fermare una situazione di cyberbullismo. E questo appunto costituisce un gancio educativo.
Bullismo e cyberbullismo: responsabilità
Nella consapevolezza che le azioni efficaci sono quelle che ricorrono agli strumenti educativi, rieducativi e di mediazione del conflitto, esistono tuttavia responsabilità da conoscere, la possibilità di commettere reati o danni civili e specifici dispostivi giuridici.
La legge 71/2017, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, introduce un provvedimento di carattere amministrativo per gli autori di atti di cyberbullismo, la procedura di ammonimento da parte del Questore: Il minore autore può essere convocato dal Questore e ammonito se ritenuto responsabile delle azioni telematiche.
Più precisamente, è stata estesa al cyberbullismo la procedura di ammonimento prevista in materia di stalking (art. 612-bis c.p.), in caso di condotte di ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 del codice della privacy) commessi mediante internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, se non c’è stata querela o non è stata presentata denuncia, è applicabile la procedura di ammonimento da parte del questore (il questore convoca il minore, insieme ad almeno un genitore o a chi esercita la responsabilità genitoriale). Gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età.
Chi compie atti di bullismo e cyberbullismo può anche essere responsabile di reati penali e danni civili.
I ragazzi e le ragazze che fanno azioni di bullismo possono commettere reati. Secondo il codice penale italiano i comportamenti penalmente rilevanti in questi casi sono:
- percosse (art. 581),
- lesione personale (art. 582),
- ingiuria (art. 594),
- diffamazione (art. 595),
- violenza privata (art. 610),
- minaccia (art. 612),
- danneggiamento (art. 635).
Nei casi più gravi, basta la denuncia ad un organo di polizia o all’autorità giudiziaria per attivare un procedimento penale (p.es. lesioni gravi, minaccia grave, molestie); negli altri casi, la denuncia deve contenere la richiesta che si proceda penalmente contro l’autore di reato (querela).
Cosa succede quando un minore commette un reato o procura un danno? Quali sono le responsabilità dei genitori e dei docenti/educatori?
Per il nostro ordinamento l’imputabilità penale (ossia la responsabilità personale per i reati commessi) scatta al quattordicesimo anno. La legge sancisce che “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento in cui l’ha commesso, non era imputabile”. Cosa si intende per “imputabilità”? Vuol dire avere la cosiddetta “capacità d’intendere e volere”.
Dunque, per poter avviare un procedimento penale nei confronti di un minore è necessario:
- che abbia almeno compiuto 14 anni;
- che, comunque, anche se maggiore di 14 anni, fosse cosciente e volente al momento del comportamento, cioè in grado di intendere e volere (tale non sarebbe, per esempio, un ragazzo con degli handicap psichici)
Il più delle volte l’atto di bullismo viola sia la legge penale, sia quella civile, quindi può dar vita a due processi, l’uno penale e l’altro civile.
Le responsabilità per atti di bullismo e cyberbullismo compiute dal minorenne possono ricadere anche su:
- i genitori, perché devono educare adeguatamente e vigilare, in maniera adeguata all’età del figlio, cercando di correggerne comportamenti devianti. Questa responsabilità generale persiste anche per gli atti compiuti nei tempi di affidamento alla scuola.
- gli insegnanti e la scuola: perché nei periodi in cui il minore viene affidato all’istituzione scolastica il docente è responsabile della vigilanza sulle sue azioni e ha il dovere di impedire comportamenti dannosi verso gli altri ragazzi, insegnanti e personale scolastico o verso le strutture della scuola stessa. A pagare in primis sarà la scuola, che poi potrà rivalersi sul singolo insegnante. La responsabilità si estende ovviamente anche a viaggi, gite scolastiche, manifestazioni sportive organizzate dalla scuola.
Responsabilità dei genitori
Se ricorrono le due condizioni, il minore risponde per le proprie azioni davanti al Tribunale per i minorenni.
Se invece non ha compiuto i 14 anni, non risponde penalmente per l’evento, ma i genitori saranno tenuti al risarcimento del danno, per presunta “culpa in educando”, così come previsto dal codice civile per i fatti commessi dal figlio. Non c’è responsabilità penale dei genitori perché la responsabilità penale è personale.
Se i genitori riescono fornire la prova di aver fatto di tutto per impedire il fatto, possono essere esonerati dall’obbligo di risarcire il danno causato dal figlio. Ma questo tipo di prova è molto difficile da produrre, perché significa poter dare evidenza certa:
- di aver educato e istruito adeguatamente il figlio (valutazione che viene dal giudice commisurata alle circostanze, ovvero tra l’altro alle condizioni economiche della famiglia e all’ambiente sociale a cui appartiene),
- di aver vigilato attentamente e costantemente sulla sua condotta,
- di non aver in alcun modo potuto impedire il fatto, stante l’imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell’azione dannosa. Qui va precisato che una condotta come ad esempio il cyber-bullismo, per sua definizione reiterata, difficilmente sarebbe considerata fatto repentino e imprevedibile, in virtù del quale si possa riconoscere l’esonero di responsabilità del genitore.
Responsabilità degli insegnanti
Cosa succede nel caso di comportamenti penalmente rilevanti o di danni procurati ad esempio a scuola, durante una gita scolastica?
In questi casi interviene l’art 2048 codice civile (responsabilità dei precettori) e l’art. art.61 della L. 312/1980 n. 312 (responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente educativo e non docente). Sin base a queste norme, quindi, gli insegnanti sono responsabili dei danni causati a terzi “dal fatto illecito dei loro allievi… nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”.
Se si tratta di una scuola pubblica, la responsabilità si estende alla pubblica amministrazione, che si surroga al suo personale nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi. Se si tratta di una scuola privata, sarà la proprietà dell’istituto a risponderne. Gli insegnanti potranno essere chiamati a rispondere personalmente solo in caso di azione di rivalsa per dolo o colpa grave, da parte dell’amministrazione. L’insegnante ha un dovere di vigilanza e di conseguenza viene addebitata, in caso di comportamento illecito del minore affidato, una colpa presunta, cioè una “culpa in vigilando”, come inadempimento dell’obbligo di sorveglianza sugli allievi. Di questa colpa/responsabilità di può essere liberati dimostrando di non aver potuto impedire il fatto. Praticamente significa che deve essersi trattato di un caso fortuito, non prevedibile o non superabile con la normale attenzione e diligenza di fronte allo specifico evento. Si tiene conto in questi casi dell’ètà e del grado di maturità dei ragazzi, della concreta situazione ambientale, etc.
Inoltre l’insegnante deve dimostrare di aver adottato in via preventiva le misure idonee ad evitare il la situazione di pericolo favorevole alla commissione del fatto dannoso.
Ma in quali momenti l’insegnante è responsabile?
Va considerato tutto il tempo dell’affidamento dell’alunno alla scuola. Quindi non soltanto le ore delle attività didattiche ma anche tutti gli altri momenti della vita scolastica, compresa la ricreazione, la pausa pranzo, la palestra, le uscite e i viaggi di istruzione ecc.
Come intervenire?
La 71/2017 e le relative Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo indicano al mondo scolastico ruoli, responsabilità e azoni utili a prevenire e gestire i casi di cyberbullismo. Le linee prevedono:
- formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica;
- sviluppo delle competenze digitali, tra gli obiettivi formativi prioritari (L.107/2015);
- promozione di un ruolo attivo degli studenti (ed ex studenti) in attività di peer education;
- previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti;
- Integrazione dei regolamenti e del patto di corresponsabilità con specifici riferimenti a condotte di cyberbullismo e relative sanzioni disciplinari commisurate alla gravità degli atti compiuti;
- Il sistema scolastico deve prevedere azioni preventive ed educative e non solo sanzionatorie.
- Nomina del Referente per le iniziative di prevenzione e contrasto che:
- Ha il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo. A tal fine, può avvalersi della collaborazione delle Forze di polizia e delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile del territorio.
- Potrà svolgere un importante compito di supporto al dirigente scolastico per la revisione/stesura di Regolamenti (Regolamento d’istituto), atti e documenti (PTOF, PdM, Rav).
- Salvo che il fatto costituisca reato, Il DS qualora venga a conoscenza di atti di cyberbullismo deve informare tempestivamente i genitori dei minori coinvolti (art.5)
Fondamentale diventa per l’Istituto scolastico fornirsi di regolamenti e procedure interne condivise da tutti (come le e-policy) in modo che oltre alle attività educative, anche le azioni di presa in carico degli episodi siano efficaci, riconoscendo ruoli, responsabilità e azioni di protezione.
Un’indicazione operativa da tener presente per intervenire efficacemente è anche capire se si tratta effettivamente di cyberbullismo o di altra tipologia di comportamenti violenti o disfunzionali. Oltre al contesto, altri elementi utili ad effettuare questa valutazione sono le modalità in cui avvengono (alla presenza di un “pubblico”? Tra coetanei? In modo cronico e intenzionale? etc.) e l’età dei protagonisti. Si parla infatti di cyberbullismo se le persone coinvolte sono minorenni e prevalentemente con riferimento al gruppo dei pari.
Un’altra indicazione operativa concerne una valutazione circa l’eventuale stato di disagio vissuto dalla/e persona/e minorenne/i coinvolte per cui potrebbe essere necessario rivolgersi ad un servizio deputato ad offrire un supporto psicologico e/o di mediazione. Le strutture pubbliche a cui rivolgersi sono i servizi socio-sanitari del territorio di appartenenza (ad esempio: spazio adolescenti, se presente, del Consultorio Familiare, servizi di Neuropsichiatria Infantile, centri specializzati sulla valutazione o l’intervento sul bullismo o in generale sul disagio giovanile, i comportamenti a rischio in adolescenza, etc.).
Per quanto riguarda necessità di segnalazione e rimozione, ciascun minore ultraquattordicenne (o i suoi genitori o chi esercita la responsabilità del minore) che sia stato vittima di cyberbullismo può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi nella rete. Se entro 24 il gestore non avrà provveduto, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore. Il Garante ha pubblicato nel proprio sito il modello per la segnalazione/reclamo in materia di cyberbullismo da inviare a: cyberbullismo@gpdp.it.
Parallelamente, nel caso in cui si ipotizzi che ci si possa trovare di fronte ad una fattispecie di reato (come ad esempio il furto di identità o la persistenza di una condotta persecutoria che mette seriamente a rischio il benessere psicofisico del bambino/a o adolescente coinvolto/a in qualità di vittima) si potrà far riferimento agli uffici preposti delle Forze di Polizia per inoltrare la segnalazione o denuncia/querela e permettere alle autorità competenti l’approfondimento della situazione da un punto di vista investigativo. E’ in tal senso possibile far riferimento a queste tipologie di uffici: Polizia di Stato – Compartimento di Polizia postale e delle Comunicazioni; Polizia di Stato – Questura o Commissariato di P.S. del territorio di competenza; Arma dei Carabinieri – Comando Provinciale o Stazione del territorio di competenza; Polizia di Stato – Commissariato on line (attraverso il portale www.commissariatodips.it).
Per un consiglio e un supporto ti puoi rivolgere alla Helpline di Telefono Azzurro per Generazioni connesse: operatori esperti e preparati sono sempre a disposizione degli insegnanti, del Dirigente e degli operatori scolastici, oltre che dei bambini, degli adolescenti, dei genitori e di altri adulti che a vario titolo necessitano di un confronto e di un aiuto per gestire nel modo più opportuno eventuali esperienze negative e/o problematiche inerenti l’utilizzo dei nuovi media.
Privacy
Su Internet i più giovani (e non solo) raccontano esperienze, condividono cosa gli piace e cosa no, postano le foto dei loro momenti più importanti. Ma non solo: vogliono avere tanti amici, cercano un pubblico, persone con cui interagire. Manifestano, insomma, il bisogno di apparire e mostrarsi e di stare in relazione, strettamente connesso alla ricerca di una propria identità.
E la privacy? Saper gestire la propria privacy, non a caso è il primo passo per navigare su Internet in modo autonomo: riguarda la propria sicurezza online, ma anche la “reputazione”, ovvero come stabilire il giusto confine tra sé e gli altri. Per questo parlare di privacy con i tuoi studenti e le tue studentesse,
può essere un’occasione educativa. Parla loro anche della nuova normativa per la protezione della privacy, il GDPR (nuovo Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali), entrato in vigore nel Maggio del 2018, che introduce tutele e limiti con riferimento alla loro minore età. In Europa, il nuovo Regolamento Generale Sulla Protezione Dei Dati (GDPR 2016/679) è diventato applicabile il 25 maggio 2018. Un processo lungo e articolato ha portato alla sua redazione, riconosciuta come fondamentale, in un periodo in cui la protezione dei dati personali è diventata centrale, strettamente connessa ai diritti fondamentali. Il GDPR stabilisce l’età necessaria per una persona a fornire il proprio consenso al trattamento dei suoi dati (nel nostro paese l’età del consenso del minore è stabilita ora a 14 anni). Tale consenso è fondamentale per usufruire di molti dei servizi di Internet (app., social network, etc.).
Prima di questa età è il genitore che deve fornire il consenso per conto dei propri figli/figlie. Cosa è cambiato dal punto di vista legislativo in Italia? A regolare la Privacy ed i Dati Personali in Italia è il Decreto Legislativo 196 del 30 giugno 2003 (“Codice della privacy” – Testo unico sulla Privacy della Repubblica italiana), modificato dal Decreto Legislativo 101 del 10 agosto 2018, recante ‘Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento Generale Sulla Protezione Dei Dati)’. Il D.Lgs. 101/2018, pubblicato sulla GU Serie Generale n.205 del 04 settembre 2018, con entrata in vigore dal 19 settembre, è stato emanato dunque per adeguare il Codice Privacy D.Lgs. 196/2003 alle nuove norme UE. Inoltre, con riferimento a episodi di cyberbullismo, la legge 71/2017, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, per quanto riguarda necessità di segnalazione e rimozione, prevede che ciascun minore ultraquattordicenne (o i suoi genitori o chi esercita la responsabilità del minore) che sia stato vittima di cyberbullismo può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi nella rete. Se entro 24 il gestore non avrà provveduto, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore. Il Garante ha pubblicato nel proprio sito il modello per la segnalazione/reclamo in materia di cyberbullismo da inviare a: cyberbullismo@gpdp.it. Il Garante ha pubblicato nel proprio sito il modello per la segnalazione/reclamo in materia di cyberbullismo.
Cosa si intende per privacy
“Privacy” è il termine per indicare il “diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata” (art.1 D.lgs n.196/2003). Tale diritto garantisce ad ogni individuo che i suoi dati personali non siano divulgati o conferiti a terzi senza la sua autorizzazione e che siano trattati nel rispetto delle regole e dei principi stabiliti dalla legge come attuativi del Diritto alla Privacy. Il diritto alla privacy e, in particolare, alla protezione dei dati personali è un diritto fondamentale delle persone, collegato alla tutela della dignità umana, come sancito anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. n.7 e 8). Per dato personale si intende “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale” (art.4 D.lgs 196/2003).
I dati personali si dividono in tre categorie (art. 4 D.lgs 196/2003)
- dati sensibili: “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”
- dati identificativi: “i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato”. Sono dati personali ad esempio il nome e cognome, l’indirizzo, il codice fiscale, dati sanitari, bancari ma anche la foto o la registrazione della voce.
- dati giudiziari: “i dati personali idonei a rivelare provvedimenti (di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n.313) in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato (ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale)”.
Sexting
Cos’è?
Sono anni ormai che si parla di sexting (crasi dei termini inglesi sex e texting), la pratica di inviare o postare messaggi di testo e immagini a sfondo sessuale, come foto di nudo o semi-nudo, inizialmente via cellulare o tramite Internet (Levick & Moon 2010), oggi sempre più attraverso app e/o social network. Un esempio pratico sono quelle situazioni in cui gli adolescenti producono e condividono in maniera consensuale immagini “sexy” di se stessi, spesso tra fidanzati/e, utilizzando lo smartphone che possiedono ormai in età sempre più precoce.
È un fenomeno comune tra gli/le adolescenti che oggi, data la disponibilità delle nuove tecnologie, vivono in maniera inedita la fase di scoperta della propria identità e, in particolare, della propria sessualità. Il fenomeno si verifica più frequentemente tra i ragazzi delle scuole superiori e proprio per questo è importante la prevenzione durante gli anni della scuola secondaria di primo grado. Dare/diffondere un’immagine “provocante” di se stessi può rappresentare un “regalo” molto intimo o divertente per un fidanzato o una fidanzata; può anche rappresentare un modo per dimostrarsi “adulti” o “più maturi” non solo agli occhi degli altri, ma anche verso se stessi e può aiutare per gestire, a livello inconsapevole, le tante insicurezze tipiche dell’età adolescenziale.
Se non c’è da scandalizzarsi, c’è comunque da ricordare l’importanza di un’attenzione educativa alle relazioni tra i genieri, al rispetto dell’altro, all’educazione affettiva e sentimentale. Perché spesso il sexting diventa un problema: il materiale che doveva rimanere privato comincia invece a girare e diventa oggetto pubblico, configurando una dinamica fin troppo nota: uno dei due può tradire la fiducia e la cassa di risonanza fornita da Internet crea un pubblico che alimenta la “vittimizzazione” di colui o colei le cui immagini sono state rese pubbliche senza il proprio consenso.
L’utilizzo delle nuove tecnologie e l’impatto che quest’uso ha nella modalità in cui il fenomeno si manifesta e nelle conseguenze che alcuni comportamenti possono avere nella vita degli adolescenti coinvolti, pone una serie di problemi che riguardano:
- il controllo: quello che si invia o si posta online è praticamente impossibile da eliminare in forma definitiva: il rischio è di esporsi anche a possibili ricatti. Chi accede a queste immagini/video, le può usare facilmente per danneggiare volutamente chi è ritratto: un ex fidanzato/a che vuole vendicarsi o un cyber bullo possono diffondere questo materiale con estrema facilità e le vittime non avranno mai la possibilità di eliminarlo in modo definitivo.
- la reputazione: Immagini troppo spinte o provocanti, possono nuocere alla reputazione di chi è ritratto, creare problemi con nuovi partner, o addirittura influenzare i futuri rapporti di lavoro.
- L’adescamento online da parte di adulti potenziali abusanti: dando una certa immagine di sé online, magari sul profilo di un Social Network, si possono attirare persone sessualmente interessate ai minori e che potrebbero essere incentivate ad accedere ai dati personali dei giovani utenti o a tentarne un adescamento online.
È importante sapere inoltre che si può infrangere la legge. Far girare foto del genere, al di fuori dello scambio consensuale e privato, anche tra minori, può essere considerato diffusione di immagini pedo-pornografiche Con la LEGGE 1 ottobre 2012, n. 172 è stata ratificata la Convenzione di Lanzarote sullo sfruttamento e l’abuso sessuale dei minori, in particolare si definisce: Articolo 20.2 – Reati relativi alla pornografia infantile, 2. Ai fini del presente articolo, l’espressione “pornografia infantile” definisce ogni tipo di materiale che rappresenta visivamente un bambino che si dà ad un comportamento sessualmente esplicito, reale o simulato, o qualsiasi rappresentazione degli organi sessuali di un bambino per scopi essenzialmente sessuali.
Come riconoscerlo?
Le dinamiche di sexting si contraddistinguono per alcune caratteristiche ricorrenti:
- la fiducia tradita: nella maggior parte dei casi, chi produce ed invia contenuti sessualmente espliciti ripone fiducia nel destinatario, credendo inoltre alla motivazione originaria della richiesta (es. prova d’amore richiesta all’interno di una relazione sentimentale);
- la pervasività di diffusione dei contenuti: in pochi secondi ed attraverso un solo click un contenuto può essere condiviso o diffuso ad un numero esponenziale di persone e piattaforme differenti; la diffusione può facilmente e velocemente divenire “virale”;
- la persistenza del fenomeno: il materiale pubblicato in Rete vi può permanere anche per molto tempo e potrebbe non essere mai definitivamente rimosso. Un contenuto ricevuto, infatti, può essere salvato, a sua volta re-inoltrato oppure condiviso su piattaforme diverse da quelle originarie e/o in epoche successive.
Notare i cambiamenti di comportamento di bambini e ragazzi può essere cruciale per comprendere, in un primo momento, che qualcosa sta accadendo e, in un secondo momento anche con l’aiuto di un professionista, cosa nello specifico.
Spesso, infatti, i cambiamenti comportamentali sono aspecifici, ovvero possono essere il risultato di differenti problematiche; è però fondamentale essere osservatori attenti per poter aiutare il prima possibile un bambino o un adolescente che si trovi ad esperire una situazione di difficoltà in Rete, qualunque essa sia.
Cosa rischiano
Non possono più tornare indietro
Tutte le immagini che spediscono via telefonino o postano e messaggiano online sono praticamente impossibili da eliminare in forma definitiva. Anche se, a pochi istanti dal click, se ne pentono. Qualcuno potrebbe averle scaricate o magari averle inviate ad altre persone, o addirittura potrebbe tirarle fuori dopo anni, rovinandogli la reputazione, creando problemi con il partner o magari sul lavoro.
Diventano più esposti e ricattabili
Un’immagine troppo spinta può essere usata facilmente da persone che vogliono danneggiare i tuoi figli. Un ex partner che vuole vendicarsi? Un cyberbullo? Uno stalker che attraverso la rete li ricatta? In un attimo potrebbero farla vedere a tutti o minacciare di farlo, e tu non avrai mai la possibilità di eliminarla o riappropriartene definitivamente.
Attirano malintenzionati
Dando una certa immagine di sé online, magari sul profilo di un Social Network, i tuoi figli attirano molte persone a rischio. Che potrebbero essere incentivate ad accedere ai loro dati personali o a tentare un adescamento online.
Possono infrangere la legge
Far girare foto del genere, anche tra minori, può essere considerato diffusione di immagini pedo-pornografiche, non tanto per chi le ha fatte, quanto per chi le ha postate, scaricate e condivise, rendendole pubbliche.
Consigli per prevenire
Parla loro di sessualità
Una buona educazione affettiva e sessuale può renderli più sicuri e consapevoli dal punto di vista emotivo e affettivo. A questo punto, controlleranno meglio l’invio dei messaggi troppo spinti. Saranno anche più lucidi sulle conseguenze e più indipendenti dal gruppo.
Insegna loro che Internet è per sempre
Con esempi, situazioni, video. Valutate insieme come, in pochi istanti, si possono commettere azioni da cui non si può più tornare indietro. Gli è già successo? Hanno degli esempi tra gli amici? Errori “virtuali” posso avere conseguenze “reali” nella vita di tutti giorni.
Educali al rispetto della privacy
E’ importante saperla riconoscere e rispettare: la propria e quella degli altri. E’ una sfida non facile, perché i tuoi figli sono nell’età in cui vogliono mostrarsi, partecipare, essere presenti il più possibile. Ma la privacy è un concetto chiave.
Come intervenire?
Nel caso in cui immagini e/o video anche prodotte autonomamente da persone minorenni, sfuggano il loro controllo e vengano diffuse senza il loro consenso è opportuno rivolgersi al più vicino Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni con l’obiettivo di ottenere la rimozione del materiale, per quanto possibile, se online e il blocco della sua diffusione via dispositivi mobili. Se sei in difficoltà? Ricorda che il Safer Internet Center italiano mette a disposizione una linea di ascolto gratuita 1.96.96. La helpline è attiva 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno.
Pedopornografia
Come riconoscerla?
La pedopornografia esiste almeno da quando esiste la fotografia e, quindi, da prima dell’avvento di Internet. Tuttavia, l’espansione senza precedenti delle comunicazioni avvenuta con la Rete, ha radicalmente cambiato il modo in cui il materiale pedopornografico viene prodotto e diffuso, contribuendo ad un aumento della sua disponibilità e accessibilità.
Chiunque sia in possesso di competenze informatiche di base è, oggi, in grado di pubblicare o cercare materiale online con relativa facilità, mantenendo un certo livello di anonimato. La diffusione della banda larga consente di caricare e scaricare velocemente video e foto anche di grandi dimensioni, così come la diffusione delle videocamere e dei cellulari con videocamera incorporata, consente la produzione “in house” di materiale video, riproducibile facilmente online.
Studi in materia (vedi approfondimenti) dimostrano come l’utilizzo di materiale pedopornografico sia spesso propedeutico all’abuso sessuale agito su una persona minorenne ed è quindi fondamentale, in termini preventivi, intervenire per ridurre l’incidenza di tale possibilità.
Diventa prioritario identificare e promuovere strategie in grado di attivare programmi specifici che includano non solo chi agisce l’abuso anche chi fa uso “solo” di materiale pedopornografico e sensibilizzare e formare tutti gli attori coinvolti nel circuito penale (l’area legale, socio-educativa e di polizia penitenziaria), al fine di favorire l’accesso degli adulti coinvolti a percorsi di recupero.
Come intervenire?
Qualora navigando in Rete si incontri materiale pedopornografico è opportuno segnalarlo, anche anonimamente, attraverso il sito www.generazioniconnesse.it alla sezione Segnala. Questo per facilitare il processo di rimozione del materiale stesso dalla Rete e allo stesso tempo consentire le opportune attività investigative finalizzate ad identificare chi possiede quel materiale, chi lo diffonde e chi lo produce, ma, soprattutto, ad identificare i minori abusati presenti nelle immagini e video, assicurando la fine di un abuso che potrebbe essere ancora in corso e il supporto necessario.
Parallelamente, se si ravvisa un rischio per il benessere psicofisico delle persone minorenni coinvolte nella visione di questi contenuti, sarà opportuno rivolgersi ad un servizio deputato ad offrire un supporto psicologico anche passando per una consultazione presso il medico di base o pediatra di riferimento.
Le strutture pubbliche a cui rivolgersi sono i servizi socio-sanitari del territorio di appartenenza (Consultori Familiari, Servizi di Neuropsichiatria infantile, centri specializzati sull’abuso e il maltrattamento all’infanzia, etc.).
Nel caso in cui una persona minorenne sia direttamente coinvolta nelle immagini, bisogna tenere in considerazione che l’attuale normativa (legge 172 del 2012, art. 351 c.p.p.) prevede che la persona coinvolta in qualità di vittima o testimone in alcune tipologie di reati, tra cui la pedopornografia online, debba essere ascoltata in sede di raccolta di sommarie informazioni con l’ausilio di una persona esperta in psicologia o psichiatria infantile.
Quadro normativo di riferimento
La legge n. 269 del 3 agosto 1998 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di schiavitù”, in linea con i principi della Convenzione ONU del 1989 sui diritti del fanciullo e a quanto sancito dalla dichiarazione finale della Conferenza mondiale di Stoccolma (adottata il 31 agosto 1996) introduce nuove fattispecie di reato (come ad esempio il turismo sessuale) e, insieme alle successive modifiche e integrazioni contenute nella legge n. 38 del 6 febbraio 2006, segna una tappa fondamentale nella definizione e predisposizione di strumenti atti a contrastare i fenomeni di sfruttamento sessuale a danno di minori. La legge 38/2006 “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet” introduce alcune importanti modifiche come l’introduzione del reato di “pornografia minorile virtuale” (artt. 600 ter e 600 quater c.p.) che si verifica quando il materiale pedopornografico rappresenta immagini relative a bambini/e ed adolescenti, realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate, in tutto o in parte, a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.
Adescamento online
L’adescamento online, in inglese grooming (“groom” – curare, prendersi cura), è definibile come il tentativo da parte di un adulto di avvicinare un bambino/a o un adolescente per scopi sessuali, conquistandone la fiducia al fine di superare le resistenze emotive ed instaurare con lui/lei una relazione intima o sessualizzata.
Spesso tali adulti utilizzano la Rete come luogo ove adescare i minori, ove entrare in contatto con loro: i luoghi in cui si sviluppano più frequentemente tali dinamiche sono le chat, anche quelle interne ai giochi online, i Social Network, le app di instant messaging, i siti e le app di teen dating, mentre la relazione sessuale può avvenire attraverso webcam o live streaming e portare anche ad incontri dal vivo.
L’adescamento online è un processo manipolativo e pianificato, interattivo e fluido, controllante e controllato, facilitato dalla mole di informazioni di sé che bambine/i e ragazze/i condividono in Rete e che costituiscono importanti punti di partenza per agganciare la vittima.
In Italia si configura come reato dal 2012 (art. 609-undecies – adescamento di minorenni) quando è stata ratificata la Convenzione di Lanzarote (legge 172 del 1 ottobre 2012); nel testo della Convenzione il reato viene definito come “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia di un minore di anni sedici per scopi sessuali, attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante internet o altre reti o mezzi di comunicazione”.
È importante specificare che il reato si configura anche se l’incontro offline con il minore non avviene, pertanto il reato sussiste anche se l’adescamento non va a buon fine; è sufficiente il tentativo.
Interessante notare che il termine inglese che si riferisce all’adescamento online deriva dal verbo inglese to groom, che significa “prendersi cura”; contrariamente a quanto l’immaginario comune potrebbe pensare, non si tratta infatti di una dinamica violenta, quanto piuttosto di un percorso paziente dove il prendersi cura del minore individuato rappresenta la conditio per carpirne la fiducia ed instaurare una relazione connotata come sessualizzata.
Spesso l’adescatore, esperto conoscitore di bambini ed adolescenti, fa leva proprio sui loro bisogni evolutivi al fine di abbassarne le difese: il bisogno di avere le attenzioni dell’altro, meglio se esclusive, di ottenere rinforzi esterni, di apparire e testare la propria immagine. Non è infrequente che oltre a camuffare la propria reale identità, fornendo dati altri dai reali, l’adescatore si finga, ad esempio, un talent scout alla ricerca di giovani presenze da valutare al fine di poterle inserire nel mondo dello spettacolo.
L’adescatore si presenta nel ruolo di premuroso confidente, attento ed interessato ascoltatore. Si tratta quindi di un percorso graduale, fatto di step, spesso gli stessi, a tal punto da poter individuare un copione tipico che può svolgersi nell’arco di mesi: il tempo sufficiente affinché il minore si fidi e si affidi.
Come riconoscerlo?
Il fenomeno dell’adescamento online non conosce significative differenze di genere: sia i ragazzi che le ragazze, soprattutto se disorientati ed in una fase di costruzione della propria identità sessuale, possono risultare vulnerabili e più facili prede di adescatori.
Come si è detto, è possibile descrivere un copione dell’adescamento, che consta di cinque principali fasi, la cui descrizione può essere utile ad agevolarne il riconoscimento.
- Fase dell’amicizia iniziale: l’adescatore effettua ripetuti contatti di socializzazione e conoscenza con la vittima individuata; una volta esplorato il contesto ed i suoi margini di libertà, avvia il processo volto a carpirne la fiducia, sintonizzandosi sui bisogni e sugli interessi di quel bambino o adolescente. Il passaggio a contenuti sempre più privati ed intimi è graduale: prima di passare a discorsi espliciti, l’adescatore condivide con il minore argomenti di interesse di quest’ultimo (es. hobbies, musica o giochi preferiti) ponendogli frequenti domande di interessamento ed attenzione.
- La fase di risk-assessment: in seguito ai primi contatti con il minore individuato, l’adescatore testa il livello di privacy nel quale si svolge l’interazione con il bambino o l’adolescente (es. uso esclusivo o promiscuo del dispositivo attraverso il quale il bambino o adolescente sta interagendo). L’adescatore punta gradualmente all’esclusività, isolando il minore e lavorando al fine di passare, ad esempio, da una chat pubblica ad una privata, da una chat alle conversazioni attraverso il telefono, per poterne carpire il numero.
- Fase della costruzione del rapporto di fiducia: le confidenze e le tematiche esplorate divengono via via più private ed intime o comunque molto personali. L’adescatore può iniziare a fare regali di vario tipo alla vittima; in questa fase, può avvenire lo scambio di immagini, subito non necessariamente a sfondo sessuale. È proprio in ragione della fiducia costruita nell’interazione che le vittime di adescamento online riferiscono di sentirsi umiliate, usate, tradite e tendono a sentirsi in colpa e ad auto-svalutarsi per essere cadute nella trappola.
- Fase dell’esclusività: l’adescatore rende la relazione con il minore impenetrabile agli esterni, isolandolo dai suoi punti di riferimento anche grazie alla fondamentale dimensione del segreto. L’obiettivo dell’adescatore è ottenere e mantenere il silenzio della vittima, anche attraverso il ricatto e l’abuso psicologico, per rimanere impunito. La vittima viene indotta a fidarsi ciecamente dell’abusante che appare essere interessato, attento e premuroso.
- Fase della relazione sessualizzata: una volta certo del territorio sicuro costruito con minuziosa pazienza, la richiesta di immagini o video potrebbe essere più insistente o più esplicita, così come la richiesta di incontri offline. L’adescatore normalizza la situazione al fine di vincere le eventuali resistenze del minore a coinvolgersi in tale rapporto.
Come intervenire?
Qualora un adulto dovesse sospettare o avere certezza rispetto alla possibilità che un minore sia coinvolto o si stia coinvolgendo in una situazione di questo tipo, è importante che non si sostituisca al minore stesso, ad esempio nel rispondere all’adescatore.
È fondamentale che venga tenuta traccia degli scambi intercorsi (es. salvare le conversazioni, fare degli screenshots) rivolgendosi il prima possibile alla Polizia Postale e delle Comunicazioni.
In seguito alla tempestiva gestione degli aspetti strettamente inerenti la Rete e la denuncia, è altresì importante valutare la possibilità di rivolgersi ad un Servizio territoriale (es. Consultorio Familiare, Servizio di Neuropsichiatria Infantile, ecc.) in grado di fornire al minore anche un adeguato supporto di tipo psicologico o psichiatrico.
Spesso, infatti, i ragazzi riferiscono, da un lato, di sentirsi traditi e dall’altro, di sentirsi in colpa per aver riposto la propria fiducia in un soggetto il cui intento era negativo ed il cui interesse espresso non era reale.
Per un consiglio e un supporto ti puoi rivolgere alla Helpline di generazioni connesse: operatori esperti e preparati sono sempre a disposizione degli insegnanti, del Dirigente e degli operatori scolastici, oltre che dei bambini, degli adolescenti, dei genitori e di altri adulti che a vario titolo necessitano di un confronto e di un aiuto per gestire nel modo più opportuno eventuali esperienze negative e/o problematiche inerenti l’utilizzo dei nuovi media.
Dipendenza dalla rete
Cos’è?
La Dipendenza da Internet fa riferimento all’utilizzo eccessivo ed incontrollato di Internet che, al pari di altri comportamenti patologici/dipendenze, può causare o essere associato ad isolamento sociale, sintomi da astinenza, problematiche a livello scolastico e “craving” (irrefrenabile voglia di utilizzo della Rete).
Come riconoscerla?
Si tratta di un fenomeno studiato da diversi anni ma la sua individuazione è molto complessa per diverse ragioni. Prima di tutto, non esistono delle norme condivise su cosa definisca uso “eccessivo” (al di là della quantità di tempo trascorso sul web); in secondo luogo, spesso accade che l’utilizzo incontrollato di Internet nasconda altri tipi di dipendenze, rendendo maggiormente complessa la discriminazione della reale problematica.
Ciononostante, i diversi studi analizzati permettono di definire alcuni aspetti utili per fare una prima valutazione di rischio rispetto ad un utilizzo disfunzionale/patologico della Rete:
- uso eccessivo – spesso associato ad una perdita del senso del tempo che passa o la dimenticanza di bisogni primari (come ad esempio mangiare e dormire);
- senso di straniamento – con la manifestazione di sentimenti di rabbia, tensione e/o depressione quando il computer o la Rete sono inaccessibili;
- tolleranza – con il bisogno di accessori sempre migliori per il computer o di un sempre maggiore tempo di utilizzo;
- ripercussioni negative – incluse discussioni, bugie (soprattutto riguardo al tempo passato online), isolamento sociale e scarsi risultati in ambito scolastico.
Come intervenire?
Se si ravvisa un rischio per il benessere psicofisico delle persone minorenni sarà opportuno rivolgersi ad un servizio deputato ad offrire un supporto psicologico anche passando per una consultazione presso il medico di base o il pediatra di riferimento. Le strutture pubbliche a cui rivolgersi sono i servizi socio-sanitari del territorio di appartenenza (consultori familiari, servizi di Neuropsichiatria Infantile, i centri specializzati sulle dipendenze, etc.).
Per un consiglio e un supporto ti puoi rivolgere alla Helpline di generazioni connesse: operatori esperti e preparati sono sempre a disposizione degli insegnanti, del Dirigente e degli operatori scolastici, oltre che dei bambini, degli adolescenti, dei genitori e di altri adulti che a vario titolo necessitano di un confronto e di un aiuto per gestire nel modo più opportuno eventuali esperienze negative e/o problematiche inerenti l’utilizzo dei nuovi media.
Materiali e proposte didattiche
Uso consapevole della rete
I minori utilizzano le nuove tecnologie, in particolare le app di messaggistica istantanea e i social network, in modo sempre più precoce, frequente ed intenso perché consentono loro un accesso “anywhere, anytime” (Mascheroni & Ólafsson, 2014).
Secondo l’EU Kids Online Italy report del Gennaio 2018, “le attività online più diffuse fra i ragazzi sono quelle relative alla comunicazione e all’intrattenimento: il 79% dei ragazzi di 9-17 anni usa internet per comunicare con amici e famigliari, poco più della metà guarda video online e visita quotidianamente il proprio profilo sui social media”. Ciò comporta anche gestire ed affrontare le relazioni ed i legami sociali on line che presuppongono dinamiche specifiche legate proprio ai nuovi ambienti digitali. Nei contesti virtuali, infatti, vanno ripensate l’identità, la privacy, la reputazione (web reputation), la produzione, la distribuzione e la fruizione di contenuti propri ed altrui.
Le relazioni on line che intrattengono quotidianamente i ragazzi, nel loro rapporto con le nuove tecnologie, vanno concettualizzate in ottica di rischi e opportunità come facce di una stessa medaglia. In effetti, il 13% dei ragazzi italiani di 9-17 anni si è sentito turbato, a disagio, o infastidito da qualche esperienza online nell’ultimo anno (EU Kids Online Italy report del Gennaio 2018).
Per questo diventa fondamentale educarli ad un uso responsabile e consapevole dello strumento tecnologico, in modo da far capire loro non solo come navigare sicuri ma anche tutte le potenzialità e le “implicazioni” sociali che esso comporta.
La tecnologia colloca tutti noi, ed in particolare i minori, all’interno di un sistema di relazioni, di una “piazza” pubblica non priva di rischi e farne un uso responsabile implica la capacità di gestire con un certo grado di lucidità i rapporti che si sviluppano in tale ambiente, giungendo a riconoscere e gestire le proprie emozioni. Essere consapevoli di subire il fascino di un incontro in rete, di sentirsi offesi per il comportamento online di qualche amico, del turbamento prodotto dalla visione di certe immagini, o del tipo di influenza che possono produrre determinate informazioni rappresentano possibili scenari che i ragazzi devono contemplare e saper gestire.
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